Le Relazioni pericolose
Negli ultimi decenni, il mercato del lavoro ha subito profondi cambiamenti che hanno influito notevolmente sulla durata dei rapporti di lavoro nell’industria privata. Le relazione pericolose
Dalla metà degli anni ’90 in poi, il tempo medio che un lavoratore trascorre in un’azienda è diminuito significativamente, passando da una media di 10 anni a circa 4 anni. Questo fenomeno è il risultato di una combinazione di fattori economici, tecnologici, culturali e organizzativi che hanno trasformato il mondo del lavoro.
Abbiamo quindi intervistato numerosi manager ed aziende di diversi settori per comprendere questo fenomeno definito “Le Relazioni pericolose” che in modo silenzioso si è trasformato oggi nella realtà lavorativa in cui viviamo.
Ecco una panoramica delle principali ragioni alla base di questo cambiamento.
1. Globalizzazione e competizione internazionale
A partire dagli anni ’90, il crollo degli Stati Socialisti l’inizio dell’industrializzazione della Cina e successivamente la globalizzazione ha portato ad una maggiore competizione internazionale.
Le aziende in occidente hanno dovuto adattarsi rapidamente a mercati in rapida evoluzione, con margini di profitto sempre più ridotti e una concorrenza agguerrita da parte di paesi con costi del lavoro più bassi. Questo ha spinto le imprese a non riuscire più a gestire le commesse con largo anticipo ed a cercare una maggiore flessibilità nella gestione della forza lavoro, riducendo il numero di contratti a lungo termine e ricorrendo a forme di impiego temporaneo o a progetto.
La necessità di mantenere bassi i costi operativi ha portato ad una maggiore fluidità dei contratti di lavoro.
2. Rivoluzione tecnologica e automazione
L’adozione di tecnologie digitali e l’automazione hanno trasformato radicalmente molti settori industriali. L’introduzione di nuove tecnologie ha ridotto la necessità di lavoratori in determinati ruoli, ma ha anche creato la domanda di nuove competenze. I lavoratori sono costretti ad aggiornare continuamente le proprie capacità per restare competitivi, e le aziende preferiscono assumere persone con competenze aggiornate per periodi più brevi, spesso in funzione di progetti specifici o cicli di produzione legati all’implementazione tecnologica.
Inoltre, con l’automazione, molti posti di lavoro tradizionali sono stati sostituiti da macchinari o software, portando ad un turnover più rapido dei lavoratori. Di conseguenza, le carriere stabili e a lungo termine, un tempo comuni nell’industria, sono diventate più rare.
3. Flessibilità e lavoro precario
Negli anni ’90 si è assistito anche all’aumento del lavoro flessibile e precario. Le riforme del mercato del lavoro in molti paesi occidentali hanno introdotto forme contrattuali più flessibili, come il lavoro a tempo determinato, i contratti a progetto, il lavoro part-time e il lavoro temporaneo tramite agenzie interinali.
Questi contratti, che permettono alle aziende di ridurre i costi ed aumentare la propria capacità di adattamento alle fluttuazioni economiche, hanno inevitabilmente ridotto la durata media dei rapporti di lavoro.
L’idea di una “carriera per tutta la vita” (tranne che nella pubblica amministrazione e nelle banche)è stata sostituita da una cultura lavorativa in cui la mobilità è vista come un’opportunità delle aziende, piuttosto che come una necessità negativa. Le persone sono costrette a cambiare più frequentemente lavoro in cerca di nuove sfide, salari migliori o sperando in avanzamenti di carriera, contribuendo così all’accorciamento dei rapporti di lavoro.
4. Cambiamento nelle aspettative dei lavoratori; da qui le relazioni pericolose
Anche le aspettative dei lavoratori sono cambiate. Le nuove generazioni, in particolare i Millennials e la Generazione Z, tendono a dare maggiore importanza alla varietà delle esperienze lavorative, alla crescita personale e professionale e all’equilibrio tra vita privata e lavoro. Per molti, rimanere nella stessa azienda per lunghi periodi è percepito come una limitazione, piuttosto che una sicurezza.
L’idea di avanzamento di carriera è ora legata più alla crescita in termini di competenze e esperienze acquisite in diversi contesti, piuttosto che alla fedeltà verso un unico datore di lavoro. Questo ha portato a una maggiore mobilità lavorativa, con impatti diretti sulla durata dei rapporti di lavoro.
5. Riduzione dei benefici legati alla stabilità
Un altro fattore importante è la progressiva riduzione dei benefici legati alla stabilità lavorativa. Fino agli anni ’80 e ’90, molte aziende offrivano ai lavoratori a lungo termine vantaggi significativi, come pensioni aziendali, piani di carriera strutturati e assicurazioni sanitarie. Con il passare degli anni, molte di queste garanzie sono state ridimensionate o eliminate a causa della crescente pressione sui costi e della necessità di ridurre le passività aziendali.
In un contesto in cui le aziende offrono meno incentivi per restare a lungo termine, i lavoratori sono diventati più propensi a cercare nuove opportunità altrove, accelerando il ciclo di turnover o fintantoché le aziende non decidano di terminare il rapporto di lavoro col proprio collaboratore.
6. Cambiamenti organizzativi e outsourcing
Le riorganizzazioni aziendali e l’esternalizzazione di molti processi produttivi hanno ridotto la necessità di mantenere un numero elevato di dipendenti a lungo termine. Molte aziende, soprattutto nei settori manifatturieri, hanno scelto di esternalizzare intere funzioni o processi a fornitori terzi, riducendo così la forza lavoro interna e la durata dei contratti.
Questi cambiamenti organizzativi, insieme alla crescente tendenza a utilizzare lavoratori freelance o consulenti esterni per progetti specifici, hanno ulteriormente contribuito a ridurre la durata dei rapporti di lavoro.
Peccato che, pur trovando numerose ricerche di personale in cui si domandano particolari ed importanti competenze,, spesso codeste si traducono in contratti di stage
7. Innovazione e ciclo rapido di prodotti e servizi
L’innovazione costante e il ciclo rapido di vita dei prodotti e dei servizi hanno cambiato il modo in cui le aziende operano. Le imprese devono essere in grado di lanciare nuovi prodotti e adattarsi rapidamente ai cambiamenti di mercato, e questo richiede spesso una forza lavoro più dinamica e flessibile.
Progetti a breve termine e cicli di produzione rapidi richiedono competenze specifiche che possono non essere necessarie in modo continuo, favorendo così un turnover più rapido dei dipendenti e rapporti di lavoro più brevi.
Conclusioni
La riduzione della durata dei rapporti di lavoro nell’industria privata dagli anni ’90 in poi è il risultato di una convergenza di fattori legati alla globalizzazione, all’evoluzione tecnologica, alla flessibilità lavorativa e ai cambiamenti nelle aspettative sia delle aziende che dei lavoratori.
Se da un lato questo fenomeno può sembrare un segnale di instabilità, dall’altro riflette un mercato del lavoro in cui la mobilità, l’aggiornamento continuo delle competenze e la flessibilità sono diventati elementi essenziali per il successo individuale e aziendale.
Il futuro del lavoro sembra quindi orientato verso una crescente fluidità, con carriere caratterizzate da molteplici esperienze lavorative in diversi contesti piuttosto che da una lunga permanenza presso lo stesso datore di lavoro.